Laura Calosso · Recensioni

Recensione: Due fiocchi di neve uguali di Laura Calosso

Buongiorno, bibliofili.
Come promesso, torno oggi con una recensione. Si tratta di Due fiocchi di neve uguali.
Siete pronti?
Buona lettura.

Due fiocchi di neve uguali di Laura Calosso

SEM – 24 gennaio 2019
narrativa – 251 pag. – 7,99 e 17,00€

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Margherita Fiore ha diciotto anni e da pochi giorni ha superato brillantemente l’esame di maturità classica. Sta preparando il test per entrare all’università. Un’amica la invita al mare per due giorni di pausa dallo studio. Il treno però ha un disguido e Margherita accetta un passaggio in auto da un ragazzo incontrato per caso. Nell’arco di poche ore la sua vita accelera. La Mercedes cabrio su cui i due viaggiano sfreccia sull’Aurelia spinta al massimo. L’urto è improvviso, la macchina sbatte contro il guardrail, esce di strada, quindi salta nel vuoto. L’ultimo pensiero di Margherita è per Carlo, un compagno di scuola che, senza una ragione apparente, si è ritirato da scuola e non è più uscito da casa.
Al momento dell’incidente Carlo è davanti al computer. Da tempo non lascia la sua stanza, che è ormai il suo mondo. Come molti suoi coetanei è diventato un hikikomori, così si chiama chi decide di recludersi in casa, al riparo da tutto. Carlo ha alzato un muro tra sé e gli amici, la scuola e i genitori. Vuole solo scomparire. Non sa che Margherita, la sua compagna di classe preferita, l’unico suo ricordo positivo, è in coma vegetativo.
Nella luce dorata dell’estate le vite di Margherita e Carlo risplendono in stanze buie che tengono fuori il mondo.
Laura Calosso, in questo suo nuovo, intenso romanzo, mette in scena con grande bravura e delicatezza una generazione di ragazzi brillanti, sensibili, che per motivi diversi si trovano a vivere momenti di profonda difficoltà.

Margherita e Carlo sono rinchiusi in due stanze, prigionieri una nel proprio corpo, l’altro nell’isolamento che si è imposto al fine di stare finalmente bene, di non provare più ansia, vergogna, disagio.
Carlo e Margherita sono due adolescenti che frequentavano il liceo classico statale in una cittadina della provincia piemontese. Si conoscono fin da quando erano bambini. Sono stati in classe insieme finché Carlo non si è ritirato.
Questo avvenimento e un altro episodio sono alla base della nostra storia.

Due fiocchi di neve uguali è un romanzo molto triste. Triste perché temi come il coma o Hikikomori non possono essere granché allegri.
La storia parte subito con l’incidente di Margherita e il resto del romanzo alterna episodi vissuti dai due ragazzi, fatti accaduti poco prima dell’incidente e il presente. In pratica, all’inizio di ogni capitolo, che sono piuttosto brevi, il lettore non sa cosa andrà a leggere. Forse questo potrebbe risultare un po’ confusionario, dipende dal singolo lettore. A un certo punto è stato così per me, perché vedevo la narrazione passare da una cosa all’altra, ma poi mi sono semplicemente lasciata andare, trasportare, ed è risultato tutto più semplice.
Questa scelta narrativa mi ha portato a vedere la storia un po’ “piatta”. Perché il culmine è all’inizio, lo conosciamo già, e il romanzo prosegue con i fatti accaduti prima e che hanno portato a ciò. Sicuramente la curiosità aiuta a proseguire la lettura, che tuttavia nelle prime pagine ha fatto fatica a ingranare, ma forse più per pensieri personali che per il libro in sé.

I temi trattati non sono leggeri e sono stati raccontati molto bene. Traspare la ricerca sull’Hikikomori dell’autrice, che ne parla in modo approfondito, descrivendo bene il modo di vivere, le sensazioni, i sentimenti e soprattutto cosa ha portato a ciò.
Anche “l’ombra” di Margherita l’ho trovata ben fatta. Solo, non ve ne parlo per evitare spoiler se volete leggere il libro.

I personaggi sono ben caratterizzati, a parte un paio secondari di cui non si sa molto. I pochi dialoghi sono realistici. Nel finale c’è un colpo di scena, che speravo, ma per il resto è abbastanza aperto.
Come dicevo, il libro è prevalentemente narrato e molto riflessivo. Alcuni lo hanno paragonato a La solitudine dei numeri primi per lo stile. Può essere. L’ho letto troppi anni fa per ricordarmelo bene. È un genere che deve piacere. A me in effetti piace qualcosa di più incalzante.
Non è un romanzo che boccio ma nemmeno a cui do cinque stelle piene. Mi è piaciuto per i temi, le descrizioni, le riflessioni, perché mi ha fatto conoscere qualcosa di “nuovo” come Hikikomori. Un po’ meno per la forma. Mi piacerebbe vedere come verrebbe in un modo diverso, ma non si può.
Consigliato a chi apprezza il genere, agli adolescenti così come ai genitori e a un pubblico più adulto.

Valentina

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